giovedì 12 dicembre 2013

[Recensione] MM 311 “L’orizzonte degli eventi "


Martin Mystére 311
"L’orizzonte degli eventi”

Di Paolo Morales e Giancarlo Alessandrini
Ottobre 2010

Pur vantando l’arte di Giancarlo Alessandrini, per di più poco addomesticata dalla redazione, questo albo si rivela deludente. La storia ruota intorno a una leggenda metropolitana, se così la si può definire, ma è sviluppata ignorando gli aspetti più noti della fisica dei buchi neri, nonostante si vanti l'apporto di presunti consulenti universitari esperti del tema (consulenti a cui farebbe bene partire dai rudimenti, magari guardando un mini-documentario di Kurzgesagt).
In questo fumettone, il mini-buco nero che un esperimento del CERN genera, lungi dall’essere a-dimensionale, si rivela invece simile a una massa spugnosa in rapida espansione, che "inzuppa" la Terra, allargandosi a macchia d’olio, proprio come se si trattasse di inchiostro su carta assorbente. E ancora peggio, questo "buco nero", lungi dall’avere un pozzo gravitazionale spaventoso, coesiste col paesaggio circostante, coi veicoli umani, con ogni cosa. Questo "buco nero", òungi dallo sprofondare al centro della Terra per inghiottirla progressivamente, si mantiene apparentemente in superficie, dilagando senza causare sconvolgimenti geologici a catena.
Sembra quasi che gli unici effetti che esso causa siano quelli compatibili col film 2012 di Roland Emmerich, come se l’unica ragion d’essere di questo fumettone sia replicare qualche scena catastrofista (opportunamente modificata per evitare querele per plagio) di quel film, inserendovi a forza una selezione innocua e puramente presenzialista del cast di Martin Mystère. A parte le facce e i nomi di costoro, infatti, non c’è molto altro che giustifichi l’appartenenza di questa storia alla serie di Martin Mystère: citiamo per esempio Agarthi, Altrove e l’organizzazione degli Uomini In Nero: qualche loro rappresentante c’è, ma nessuno sembra capace di affrontare questa emergenza planetaria, nonostante la vastissima messe di risorse a loro disposizione. Non diciamo che la debbano sconfiggere, ma potrebbero "controllare i danni", per esempio organizzando un esodo di massa della popolazione (e non serve spiegare dove, vero?). Questo aspetto è totalmente assente dalla trama, confermando la superficialità dell’approccio al concetto di base,  già clamorosamente annunciata con l'infantile raffigurazione del buco nero (tanto che sarebbe stato opportuno dargli un nome diverso, almeno per salvare la faccia di un fumetto che vorrebbe lottare a fianco del CICAP e smontare le bufale pseudoscientifiche).
Superficiale è anche la soluzione della catastrofe: non tanto per il tema stra-abusato del viaggio a ritroso nel tempo per evitare che l’evento si verifichi, quanto per il metodo scelto. Alcuni astronauti, miracolosamente scampati al disastro, trovano casualmente alla deriva nello spazio alcune barre composte di un materiale più denso del buco nero: gettandole nel buco, riescono a farle tornare nel passato per fungere da avvertimento. Se finora avevamo elencato idiozie da bar, ora l’assurdità della fisica descritta va oltre ogni limite, perchè ignora anche la logica più banale: le barre in questione, per essere più dense di un buco nero, dovrebbero essere a loro volta buchi neri; e invece vengono manipolate senza problemi dagli astronauti. La Terra, divenuta un unico buco nero a tre dimensioni e di volume invariato, dovrebbe avere un’attrazione gravitazionale capace di devastare l’intero sistema solare; invece non interferisce nemmeno col volo dello space shuttle della sequenza finale. Ci piacerebbe sorvolare su qualcosa, ma un conto è una leggera forzatura, per la quale esiste la suspension of disbelief; un altro conto è stravolgere radicalmente la definizione stessa di un classico della fantascienza (per ottenere cosa, esattamente? Una brutta copia di un film catastrofista?).
Come è approssimativa la gestione della (debole) trama, altrettanto dozzinale è la gestione dell’universo di Martin Mystère e, soprattutto, del motivo per cui la salvezza possa provenire solo dal protagonista: solamente il Murchadna di Martin può far evaporare il mini-buco nero. Per soddisfare i requisiti minimi, Orloff viene messo in scena (e poi scaricato), ma si omette del tutto di spiegare perchè non possa essere utilizzato un qualsiasi altro Murchadna in mano a una qualsiasi delle numerose organizzazioni presenti nella serie: in più di un caso sono comparsi personaggi a conoscenza dei Murchadna, per non dire di un certo deposito con numerose armi di questo tipo. E' difficile credere che, di colpo, tutte queste risorse siano inaccessibili (e ancor peggio, non ve ne siano altre). Sempre a proposito di gruppi di potere, organizzazioni tentacolari e popoli segreti, la serie ne contempla moltissimi: eppure, nessuno di essi interviene per combattere una minaccia che li spazzerà via tutti. O forse è meglio dire che la storia non è interessata a metterli in scena o anche solo a considerarli: preferisce invece dipingere un universo totalmente non-mysteriano, come se in verità Martin fosse uscito dal "suo" mondo per entrare in quello “normale” di 2012, dove il paranormale non esiste. Esaurite le scene catastrofiche riempitive, nelle pagine che avanzano, si sceglie di concentrarsi su scene simil-piccanti e voyeuristiche, oppure di calcare il piede sul pedale della retorica strappalacrime.
Nel finale della storia, anche il “tema sociale”, inserito smaccatamente a forza, viene risolto con la stessa superficialità con cui è stato gestito: il “poliziotto cattivo”, stereotipo vivente così spudorato da essere ridicolo, si auto-denuncia durante il processo, dichiarando cose abominevoli che egli sa benissimo causeranno la sua rovina. Con buona pace delle forze dell’ordine e del vero problema di chi sorveglia i sorveglianti, dato che l’epilogo regala la falsa illusione che la giustizia si ottenga attendendo che i pesci piccoli si rovinino spontaneamente dopo essere stati convocati in tribunale.

E ora che abbiamo completato la critica all’albo, segnaliamo la discussione sul forum di Agarthi e ci esibiamo in una variante buffonesca e sghignazzante della recensione stessa, basata su una trama parodistica che era stata ideata per la saga a fumetti di Get A Life!


Non tutte le storie riescono col buco

Strilli di copertina! Annunci in piazza! Questa storia si avvale della consulenza di alcuni tizi che si intendono di fisica e ci campano, tipo dottoroni di un qualche non meglio precisato ente con sede a Roma, oppure anche no, che forse invece passavano solo lì davanti ben vestiti e qualcuno li ha scambiati per luminari dell'oscura materia (ma non della materia oscura).
Embè, comunque sia, che c’è di strano? E’ Martin Mystere, mica Soldino: l’ampia documentazione è all’ordine del giorno. O forse lo era, visto che adesso lo si annuncia come una nouvelle extraordinaire. D’altra parte, excusatio non petita… sarà mica un tentativo di mettere le mani in avanti e di pararsi il buco nero (quell’altro)?

Per cercare di scoprirlo, uno si cimenta nel leggere la storia, facendo attenzione a quello che c’è nelle didascalie, che però non ci sono. Ma come, non era questa la serie famosa per le sue spiegazioni noiose? Mah, si vede che la consulenza degli insigni non poteva essere condensata in poche righe, e quindi è stata omessa in toto.
E così, Martin Mystere si fa stirare da un taxi durante una faccenda di impegnata riflessione sociale sul degrado urbano da poster delle belle intenzioni, che non si vede cosa c’azzecchi con il resto della storia, ma che c’entra? E’ come infilarci tre pagine di Shakespeare scelte a caso per tirare la quota obbligatoria e dire che è cultura, quindi va bene – ehi, ma eccola, la cultura! Solo che è quella sbagliata.
Ed ecco che, nel mentre, succede qualcosa che non c’azzecca nulla né con la denuncia sociale, né con il bardo immortale né con niente: sarà mica proprio questo il tema dell’albo?
Non si sa, ma intanto quei simpatici pasticcioni del CERN ne combinano un’altra delle loro. E cosa mai sarà? Dimenticano un lattina sui binari invalidando sei mesi di esperimenti? A Luigi si è rotto l’orologio e quindi credono che i neutrini corrano più veloci della luce?
Macchè: questa volta riescono a mandare in porto un esperimento. Roba mai vista, da fantascienza, da futuri alternativi, da puro fantasy con pegasi, folletti e rane magiche. E cos’è che succede, guarda un po’ te? Ma naturalmente, succede quello che da anni rimbalza sulle rubriche scientifiche estive dei quotidiani a corto di notizie e in cerca di emozioni facili per i lettori. Persino Valerio Evangelisti ci aveva fatto un pensierino, ma poi ha preferito scrivere un romanzo vero.
Ma tant’è: succede che l’esperimento genera un mini-buco nero nel CERN (o lo apre? I buchi neri si aprono? Si scavano?) che gli scienziatoni provvedono con grande solerzia a mettere al sicuro.
Al sicuro? E come lo si mette al sicuro, un buco nero? Ma semplicemente gli si assegna una stanza e gli si dice di stare lì dentro, e magicamente questo cugino It in versione svizzera obbedisce.
Curioso, verrebbe da dire: un buco nero che non assorbe niente, nemmeno le molecole dell’atmosfera circostante: non c’è risucchio, non c’è alterazione della gravità, non c’è niente. E’ proprio come una nuvoletta fantozziana che se ne sta lì a incombere non-minacciosamente. Ma è un fantolino, deve ancora crescere e farsi le ossa, no? Dategli tempo, poverino: deve fare con comodo, mica subire pressioni per correre di qua e di là.
C’è la consulenza dei dottoroni dietro questa storia, per cui sarà così che funzionano le cose. Io non ne ho mai visto uno di mini-buchi neri, per cui mica posso dire che non è vero. E voi?
Di certo questi signori, rimasti rigorosamente anonimi (sicuramente per preservarsi il cadreghino statale), forniscono consulenze di qualità, roba da tunnel del Gran Sasso, da mandare in estasi gli addetti stampa (silurati) della ex-ministra Gelmini e candidarli al Nobel per la Fisica (che almeno loro avevano fatto tutto da soli).
Sicuramente c’è la scusante. Troppa coda alla vaccinara? Una pajata pesantina, seguita da polenta e luganeghe per celebrare qualche comunione geografico-politica stile Bossi-Polverini? E chi mai avrà imboccato chi, questa volta?
Non si sa, ma si spera che almeno lì il buco giusto l’abbiano infilato, perché sarebbe l’unico di tutta la vicenda.
Curiosamente, il nostro mini-buco nero si espande ovunque, senza che nessuna delle n-mila potenze mondiali mysteriose muova un dito: Agarthi, Altrove, gli Uomini In Nero, la setta di qui, gli alieni di là, i maghi, i santoni, il piccolo popolo, i mostri, Cthulhu, le cartomanti unite e chiunque altro. Guardavano tutti dall’altra parte quando è successo.
E crescendo, il buco nero inzuppa la carta circostante, ma continua a non risucchiare un bel niente. Ops, abbiamo detto carta? Volevamo dire che è una macchia d’inchiostro che si stende sulla Terra (sarà mica una metafora ardita del fumetto stesso? Meta-auto-referenzialità?). Ma no, volevamo dire che è sicuramente così che funzionano i buchi neri: si allargano senza risucchiare l’atmosfera, senza sconvolgere la gravità, senza causare devastazioni nelle faglie sismiche. Sicuramente, vista la consulenza dotta, questo è verbo incarnato: si spandono, come macchie d’olio sull’acqua, ma senza scendere in profondità e senza turbare i meccanismi della narrazione stile episodio riempitivo di telefilm.
Non che importi: come dice Altan, “Emozionatemi che sennò mi tocca pensare”. E Martin Mystere è morto, no? Quindi è il momento di darci dentro con la retorica e la commozione, distraendo il lettore dal nonsense dell’impianto narrativo con una bella sfilata di amici al funerale. Ma guardate te, Chris Tower, Sergej Orloff, Kut Humi (?). Allora ci sono! Quei tipi che controllano le dimensioni, saltano nel tempo, combattono demoni, salvano il mondo. Ma nessuno di loro sa gestire il buco d’inchiostro a espansione ultra-rallentata e semi-innocua. Così va la vita. O non va, se lo chiedete a Martin.
Poi le cose peggiorano: il buco fa sparire lo strato di ozono (che è più in alto), ma il resto dell'aria (che è più in basso) invece no, e infatti i personaggi respirano (sarà un buco schizzinoso, anzi choosy, che sceglie cosa assorbire? Sicuramente, la Fisica dei consulenti della pajata ce lo insegna), il pianeta resta sul suo asse, la gravità resta immutata. E' poesia pura, sciocchi, mica scienza: è il Nulla di Atreyu e de “La Storia Infinita” che inghiotte lentamente le cose ma nessuno ci fa caso: ci sarà mica Ende tra i rigorosi consulenti scientifici?
Ma la fantàsia non si ferma mica qui, perché dopo che la Terra (e solo quella) è stata inghiottita (con altre scene strappalacrime di gente che si suicida evitando di mettersi la protezione solare), ecco che gli astronauti-ex-machina salvano capra e cavoli trovando il nemico naturale dei buchi d’inchiostro: sbarre di materia più densa dei buchi neri! Ma come, trasecoliamo: non è mica la densità assoluta a caratterizzare i buchi neri? Si vede che nel tunnel tra qui e il Gran Sasso ci sono più cose di quante la filosofia di Orazio ne contempli.
Gli astronauti prendono questi lingotti (saranno mica gessetti? Carta assorbente a cubetti?) e li buttano nel buco nero, alle cui forze (ma allora esistono!) sopravvivono, perchè sono più densi. Ma, se la logica non è finita nel cesso anzi nel buco, non sarebbero allora questi lingotti i veri buchi neri? E se sono così densi, non hanno una attrazione di gravità micidiale? E basta con queste domande sulla scorciatoia disperata, la storia deve finire fra poche pagine!
Come in tutti i futuri alternativi già visti sette miliardi di volte, il balzo nel tempo permette di tornare nel presente e sventare quel futuro sgradito (ma chi lo dice qual è il presente? Deve essere per forza il 2010? Non poteva essere il 1997?). Martin risponde al telefono e così facendo evita di essere stirato dal taxi, usa la sua pistola magica quasi-unica-salvo-quando-ne-saltano-fuori-interi-magazzini-ricolmi per spegnere l’inchiostro prima che tracimi sull’Europa e occluda il tunnel Gelmini-Gran Sasso, ci regala un flashback inutile e tutti festeggiano per un pericolo che non sanno di avere scampato perché loro la storia non l’hanno letta (fortunati).
Non è finita: non c'era spazio per rendere credibile la storia o per le didascalie dei consulenti, ma per il fumo negli occhi che poi farà innalzare gli osanna alla "storia impegnata" (due pagine su duecento), lo spazio c'è sempre. Ed ecco che arriva il trionfo della consolazione consolatoria e della riflessione sociale da bar (che non c’azzecca nulla, ma era già lì); ed ecco anche che il malvagio e bieco poliziotto razzista si rivela un tale stereotipo da essere anche incredibilmente stupido e senza avvocato, visto che nel bel mezzo del processo si esibisce in omicide invettive razziste che lo farebbero condannare anche se avesse l’entourage di legulei parlamentari di Berlusconi a difenderlo.
E così la bontà e la giustizia trionfano nella rassicurante fiaba fantasy per bambini al di sotto dei cinque anni, con buona pace della realtà, dove i malvagi non si auto-denunciano in tribunale e i buchi neri a orologeria non esistono.
Ma dopotutto, chi di voi ne ha mai visto uno? E allora state zitti.

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