sabato 25 giugno 2016

[Recensione] Martin Mystére n. 345, "Il Nilo Giallo"

Martin Mystère n. 345, "Il Nilo Giallo"
Storia di Sergio Badino
Arte di Giancarlo Alessandrini
Giugno/Luglio 2016

Martin sul Nilo

Nel quarantennale della scomparsa di Agatha Christie, la collana Martin Mystère propone una nuova spiegazione del celebre episodio (vero) della breve sparizione della scrittrice durante la crisi del suo primo matrimonio, ufficialmente causata da un'amnesia, costruendo una trama che si intreccia con un'altra tematica ricorrente nella vita della scrittrice: l'Egitto.
La narrazione è elegante e sobria, e a tratti piuttosto suggestiva: accade nelle sequenze iniziali, narrate con una scansione quasi cinematografica (e d'altra parte c'è una influenza dichiarata de "Il paziente inglese"), ma anche nell'ampio spazio dedicato all'illustrazione di moderne realtà archeologico-geografico-geologiche, narrate con il piglio e l'attenzione dell'Alfredo Castelli dei vecchi tempi (la Caverna dei Nuotatori del Gilf Kebir e relativo sfacelo causato dai turisti; il lago sotterraneo del Sudan, individuato da Eman Ghoneim; la scomparsa del Nilo Giallo).
Anche la sceneggiatura si rifà al miglior Martin Mystère di Alfredo Castelli, alternando flashback della vita "segreta" di Agatha Christie alle sequenze portanti del presente.
Se la trama principale è articolata secondo il classico canovaccio della ricerca di un luogo perduto (la leggendaria città di Zerzura) abitato da un popolo "segreto", i citati flashback dedicati ad Agatha Christie prendono invece la piega del melodramma dedicato a un amore impossibile tra una ricca donna britannica e un Egiziano spiantato. Basandoci su copertina e titolo, e conoscendo l'opera di Agatha Christie che più le ha dato fama, ci saremmo invece aspettati una vicenda più gialla, ma bisogna dire che la scrittrice si è dedicata anche ad altri generi di letteratura, nella sua carriera, tra cui il sentimentale (con lo pseudonimo di Mary Westmacott). Sembra quindi che questa vicenda voglia rendere omaggio alla produzione minore di Agatha Christie, e c'è la possibilità che l'impianto narrativo sia influenzato anche dal quasi coevo Passaggio in India di E.M. Foster, dato il tema della barriera sociale tra le diverse etnie (ovviamente, essendo questo fumetto nato in un'epoca dominato dalla social justice, Agatha viene ritratta come una donna moderna, illuminata, democratica, egualitaria, di completa apertura mentale, libera da qualunque pregiudizio caratteristico delle persone benestanti inglesi della sua epoca; una specie di super-suffragetta antesignana delle social justice warriors di tumblr). Molto ben gestita, la componente sentimentale dei flashback ci regala una caratterizzazione tanto inedita quanto intensa e credibile di questa donna, sorprendendoci con un'interessante invenzione "rosa" che si innesta molto bene nella sua tormentata relazione col primo marito.
Da notare come il titolo, pur scelto in maniera incredibilmente felice, per via dell'abile coniugazione tra un "mistero" delle Egitto e il lavoro di Agatha Christie, è abbastanza fuorviante: del Nilo Giallo, nel  fumetto, si vede ben poco (anche se chiamarlo "lago nascosto sotto il deserto del Sahara" non avrebbe avuto lo stesso impatto).
Nella trama principale, pur non essendoci un vero filone "giallo" (che secondo noi sarebbe stato d'obbligo con un argomento del genere), c'è comunque una discreta costruzione narrativa "con mistero" di tipo convenzionale, con il curatore della Greenway House (Alastair Maugham) che si rivela un poco di buono per questioni finanziare, il fratello Mitchell succube che all'ultimo si ribella (ma NON si redime), e soprattutto l'abilità e intelligenza con cui Martin si inserisce in questo meccanismo, smascherando il fratello maggiore e mettendogli contro quello minore: una deduzione degna forse dei detective di Agatha Christie (non solo Poirot, ma anche Miss Marple, Tommy e Tuppence, il signor Quinn).


Chi ha ucciso il mystero?

Nonostante i già citati bei momenti da "esplorazione etnografica" del Martin Mystère che fu (anche se a dire il vero, più che i popoli, qui vediamo i luoghi e l'effetto dei popoli sugli stessi), risalta come un "elefante della stanza" l'omissione dell'attuale situazione politica dell'Egitto, qui presentato come un posto tranquillissimo. Ai vecchi tempi, Castelli avrebbe invece fornito riflessioni più o meno dettagliate sull'attualità, anche a costo di inserire didascalie a posteriori (vien da dire: "sopire, troncare, padre molto reverendo, troncare, sopire").
Nelle omissioni veniali, visto che in questo albo si parla degli inediti di Agatha Christie, rientra anche la mancata menzione del suo racconto "Il segreto di Greenshore", pubblicato solo nel 2014 (nel Regno Unito) e parzialmente ambientato nella stessa GreenWay House vista nel fumetto.

Molto più grave è invece l'omissione dell'interesse di Agatha Christie per l'occultismo, la reincarnazione e lo spiritismo.
Dell'argomento parla Giuseppe Lippi (non proprio l'ultimo arrivato) nell'introduzione all'antologico "Il segugio della morte" di questa stessa scrittrice, riportando brani di un'intervista in cui la Dama del Giallo racconta di certe proprie esperienze col paranormale.
Per chi si senta scettico riguardo alle fonti di queste dichiarazioni, c'è la testimonianza oggettiva dei racconti ospitati ne "Il segugio della morte", il primo dei quali (omonimo dell'antologia) tratta nientemeno che della reincarnazione di una sacerdotessa di Atlantide ai tempi nostri, perseguitata da un invisibile segugio e tormentata dagli incubi relativi alla Città dei Cinque Anelli.
A prescindere dal fatto che le esperienze della Dama in Giallo col paranormale sono abbastanza risibili, il suo interesse e la sua competenza in merito, nettamente mysteriosi, sono innegabili.
Ce n'è quindi più che in abbondanza per bocciare senza esitare le dichiarazioni di assenza di "mystero" nella vita della signora Christie, dichiarazioni che purtroppo si susseguono ne Il Nilo giallo. Non sappiamo se faccia più specie che sia il (cialtronesco) curatore della GreenWay House a ignorare questo aspetto, o che sia il tuttologo Martin Mystère a prendere una tale cantonata.

La creatività (e la logica) latita anche nella componente avventuroso-fantarcheologica dell'albo.
Si comincia con l'indecifrabilità delle intenzioni del "cetaceuomo" Samir: prima cerca di spaventare i nostri eroi, per ostacolarli, poi li conduce fino a Zerzura guidandoli oltre ostacoli altrimenti insormontabili, poi li vuole uccidere perché hanno visto troppo, poi li salva, poi forse no. Insomma, quali erano le motivazioni delle sue azioni?
Intendo a parte tirare in lungo per riempire le tavole, perché l'idea di base, così poco approfondita, non poteva reggere 160 pagine.
E perchè Samir era così ferrato su Agatha Christie da conoscere il contenuto del suo inedito Snow Upon The Desert meglio dei protagonisti?
Si continua con la città perdura di Zerzura, sprofondata e ricostruita nel sottosuolo: tutto qui? Una città deserta e inerte, un'architettura banale, nessun segreto, nessuna storia. A che scopo Martin accetta di tenerla nascosta? Per evitare che la famiglia di Samir venga scoperta, pur vivendo altrove da secoli e non avendo più alcun legame con quel luogo morto e disabitato? C'è davvero un segreto che vale la pena di tenere nascosto?
La fiacchezza con cui Martin decide di non raccontare nulla sembra dettata dalla rassegnazione e dalla stanchezza: "vabbè, tientela per te. Tanto ormai mi basta anche la minima scusa per lasciar perdere". (Considerando anche la compiacenza con cui Howie Zakass assiste Martin nell'uscire senza fatica da un incidente internazionale con due cittadini britannici morti in Egitto, ci viene anche il sospetto che ormai Martin sia entrato negli Uomini in Nero).
E dire che il retroterra per render la città pericolosa o proibita c'era, dato che l'opera di entrambi gli autori (Agatha Christie e Alfredo Castelli) conteneva i semi necessari per un simile sviluppo, oltre che punti di contatto singolarmente precisi. E, infatti, durante la lettura, le idee e ipotesi mysteriane si sprecano, ma inutilmente: c'è forse un legame tra questa città, annientata seimila anni fa da un terremoto, e le civiltà antecedenti di Mu o Atlantide o Lemuria? La città si sviluppò prima o dopo l'Armageddon? Il suo popolo cetaceo-umanoide era frutto dell'evoluzione o di esperimenti? Che legame ha con gli ibridi uomo-pesce delle mitologie africano-asiatiche, con gli abitanti di Sirio, con gli Oannes, con gli esperimenti degli Elohim? Non esiste un "nucleo di magia" della città, magari lo stesso che Agatha ha portato con sé, infondendolo in Snow Upon the Desert,  e che le conferì bizzarre doti paranormali durante le sue visite in Egitto? Un "nucleo di magia" che lo stesso Martin ha involontariamente ritrovato nelle GreenWay House (nelle pagine del libro) e che ha innescato gli eventi successivi, per poter ritornare a Zerzura, determinando quindi il comportamento apparentemente contraddittorio di Samir?
Ma è come in Lost: inutile porre domande e usare la fantasia.
A indebolire ulteriormente la storia, ci chiediamo come fece Agatha Christie a nuotare sott'acqua fino a Zerzura, visto che nel presente servono muta da sub e bombole a Martin e soci. Forse Agatha prese una strada diversa? E allora perché nel presente non accade lo stesso?

Neve sul deserto

Tornando sul dettaglio dell'inedito Snow Upon the Desert: che delusione! Il modo in cui  viene scoperto è la negazione dell'esperienza del bibliofilo, del cacciatore di tesori, dello studioso, dell'esploratore. Insomma, di Martin Mystère. Tutto avviene fuori scena, il motivo per cui quello scritto risalti tra altri mille non viene fornito, il momento emozionante della scoperta dei contenuti narrativi "impossibili" è tralasciato. Si poteva riuscire ad annacquare ulteriormente ciò che invece sarebbe stato un elemento cruciale per rendere emozionante la narrazione e regalarci un genuino momento di sense of wonder?
Altra occasione particolarmente stimolante e affascinante che è andata persa: rivelare il contenuto di questo romanzo inedito, ricostruendo o inventando, e deliziando i lettori con un apocrifo nello stile di Agatha Christie, magari cogliendo l'occasione per rendere omaggio ai romanzi nel romanzo di Umberto Eco, oppure a Misery non deve morire di Stephen King. Come i fan di Martin Mystère ricordano, Alfredo Castelli ci ha regalato simili chicche almeno due volte sulle pagine della serie, prima con Charles Dickens e poi con Emilio Salgari.


In conclusione

Nonostante la gradevole arte di Alessandrini, che qui sembra poco "corretta" in redazione (a parte alcuni primi piani di Diana, e il corpetto tutto nero che lei indossa a letto sotto la seducente vestaglia aperta, ma poi nel deserto dorme nuda), la debolezza di gran parte della trama portante e l'omissione della componente atlantideo-mysteriosa (ben nota ad Agatha Christie!) fanno di questo albo un'occasione tristemente mancata.

3 commenti:

  1. Complimenti Franco (o Christian, o chi lo ha scritto). Finalmente te Lettori con la L maiuscola! Grossi interrogativi, ma soprattutto la Logica che latita! Oh! Dovremmo mettere le domande nel forum e vedere se ci sono risposte... :-)

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    1. Ben gentile: nel forum c'è un link (che questa recensione contraccambia), ma a parte il mio commento al tuo intervento, regna il disinteresse. Bisogna prendere atto che il pubblico è cambiato e non si aspetta più dai fumetti ciò che si aspettava un tempo. O forse sono gli autori ad aver cambiato stile, per questioni di mercato?

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  2. Forse c'è banalmente più superficialità, meno tempo, meno voglia... io credo che il pubblico non sia cambiato, ma semplicemente... dorma!

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